ERASMUS+ in aiuto dei rifugiati

Valentina Riboldi -, Bando2016, Università

Nell’urgenza delle sfide poste dalla crisi migratoria, oltre a quelle legate all’assistenza materiale e a quella sanitaria, l’Unione europea si trova a doverne affrontare una altrettanto importante: quella dell’istruzione. In questo ambito, infatti, sono ancora molti gli ostacoli esistenti al processo di integrazione dei rifugiati e richiedenti asilo, primo fra tutti quello della lingua.

È per tale ragione che gli Istituti di Istruzione Superiore partecipanti al Programma Erasmus+ sono chiamati ad intervenire, anzitutto, sul piano dell’integrazione linguistica: una buona pratica, in tal senso, è offerta da alcune università tedesche, che hanno deciso di abbassare i requisiti linguistici in entrata richiesti agli studenti. Analogamente, occorre intervenire sul piano del riconoscimento delle qualifiche e delle competenze acquisite dai richiedenti asilo/rifugiati nei propri paesi di origine. Interessante, da questo punto di vista, l’iniziativa già intrapresa dalla Commissione europea con Euraxess, Science4Refugees che  supporta gli scienziati e i ricercatori rifugiati e richiedenti asilo  a trovare una collocazione lavorativa a livello di stage o di lavoro part time e/o full time adeguata sia migliorare la propria situazione che a mettere le loro competenze ed esperienze in uso nel sistema di ricerca europeo.

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Non è un caso che la nuova Call Erasmus+ per il 2016 , pubblicata lo scorso 20 ottobre, abbia ridisegnato le priorità delle diverse azioni che strutturano il programma, con una forte attenzione al tema dell’inclusione e dell’integrazione socio-culturale dei rifugiati.
Cruciale, in tal senso, è stato indubbiamente il ruolo giocato dal survey “Erasmus+ helping refugees” lanciato dalla Commissione europea lo scorso mese e rivolto proprio agli Istituti di Istruzione Superiore, al fine di individuare le criticità esistenti e le eventuali soluzioni da offrirsi. Al sondaggio hanno aderito, in particolare, Istituti di Istruzione Superiore tedeschi ed italiani. Tra le buone pratiche emerse, si segnalano soprattutto quella dell’Università di Brema, che garantisce il libero accesso ai corsi anche in assenza di una formale iscrizione – così da consentire il proseguimento degli studi e l’eventuale ottenimento del titolo finale – e quella dell’Istituto di Tecnologia di Deggendorf dal punto di vista dell’attività di counselling.

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Riportiamo qui di seguito, altresì, le due importanti dichiarazioni recentemente pubblicate in merito dalla European University Association (EUA) e dal Coimbra Group – di cui sono parte diverse università italiane – che confermano la centralità della questione per l’istruzione superiore e la necessità di fornire risposte adeguate:
EUA: ” Urgent action is necessary, requiring leadership and willingness to accept responsibility for addressing and managing this crisis by all actors in society; thus also Europe’s universities. This will require good coordination and a broad consensus on the integration and support of displaced students and scholars”. La dichiarazione di EUA European university Association

Coimbra Group: “The Coimbra Group wishes to highlight the initiatives and activities undertaken by our academic community to welcome all international students, including refugees, and to remind our governments of the intellectual and universal values in Europe, as our universities have done for centuries”. La dichiarazione del Coimbra Group

di Antonella Ratti
Agenzia nazionale Erasmus+ Indire