Jean Monnet: un successo per l’Italia! Ce ne parla l’Università degli Studi di Pisa

Alessia Ricci Università

 

Ancora una volta i risultati della Call 2020 per le azioni Jean Monnet premiano l’Italia che si conferma come il paese partecipante al programma con il maggior numero di progetti finanziati. Sono ben 50 quelli di cui il nostro Paese è capofila in questa tornata con 24 moduli, 9 cattedre, 6 centri di eccellenza, 2 network, 8 progetti e 1 supporto alle associazioni.
Le Azioni Jean Monnet mirano a promuovere l’eccellenza dell’insegnamento e della ricerca nel campo degli studi sull’Unione europea e, in particolare, sul processo di integrazione nei suoi aspetti sia interni che esterni.

Abbiamo sentito l’Università degli Studi di Pisa nella persona della Professoressa Valentina Calderai, responsabile del modulo Jean Monnet European Health Law and Technology, risultato vincitore di quest’ultima selezione. Con lei il Dr. Carmelo De Maria, del Centro Piaggio, che ha collaborato al progetto.

 

D: Professoressa Calderai, tanti riconoscimenti rendono importante la risposta dell’Italia alla Call 2020. E’ importante sicuramente per l’Università degli Studi di Pisa che ha avuto ben 3 progetti approvati tra moduli e reti in ambito Jean Monnet: può riassumere, in particolare, cosa trasferisce European Health Law and Technology e qual è il suo punto di forza?

R: Il punto di forza è il carattere innovativo del progetto European Health Law and Technology (ElaTe), all’intersezione tra diritto, tecnologia, salute, istituzioni europee. Ciò è particolarmente vero in Italia, dove non esiste alcuna opportunità educativa incentrata sul concetto di Health Law, inteso come campo disciplinare che comprende la regolamentazione dello sviluppo, della produzione, della circolazione, dell’accesso a beni e servizi rilevanti per la salute, al di là del rapporto medico-paziente e della medical malpractice.
ELATe analizza l’interazione tra diritto, scienza, tecnologia alla luce della politica e delle politiche dell’UE: il ruolo del mercato interno nella regolamentazione dei rischi tecnologici e, per converso, l’uso normativo della tecnologia nella valutazione e nella gestione di tali rischi; le implicazioni della struttura policentrica del diritto europeo – al crocevia tra Stati nazionali, Unione, Consiglio d’Europa – e le nuove prospettive aperte dal processo di costituzionalizzazione dell’UE e oggi – purtroppo – dalla crisi Covid.

D: Jean Monnet è un’azione che mira a promuovere l’eccellenza nella ricerca e nell’insegnamento nel settore degli studi sull’integrazione europea; in che misura l’azione e, in particolare, i moduli Jean Monnet contribuiscono ad accrescere le opportunità di studio e ricerca su tematiche europee?

R: L’impatto è indubbiamente molto significativo. Alla grande attenzione per l’impatto delle tecnologie emergenti sulla salute individuale e collettiva, non fa riscontro la consapevolezza della rilevanza del ruolo del diritto e delle politiche dell’Unione in questa materia – un ruolo che crescerà enormemente nei prossimi anni in conseguenza della pandemia. Si tratta dunque di un settore strategico che si svilupperà letteralmente sotto i nostri occhi negli anni a venire.
L’assunto di base di ELATe è che l’interazione diritto/tecnologia/salute individuale e collettiva a livello nazionale non può essere colta senza una comprensione approfondita della complessa matrice della regolamentazione del mercato e della tutela dei diritti fondamentali a livello europeo: prodotti difettosi, terapie avanzate, standardizzazione e sicurezza dei prodotti, privacy, protezione dei consumatori, ricerca e innovazione responsabile (RRI).
Si tratta quindi di promuovere l’avanzamento e la diffusione di nuove conoscenze di rilevanza europea in un settore strategico.

D: L’interdisciplinarietà è al centro del modulo European Health Law and Technology: avvocati, economisti, statistici, bioingegneri…Dr. De Maria ci spieghi l’importanza di questo approccio e le ricadute pratiche nel campo della ricerca.

R: Lo sviluppo di nuovi dispositivi medici, così come l’implementazione delle politiche sanitarie richiede un approccio olistico, in cui competenze tecniche, valutazioni di carattere sociologico, economico e legislativo si devono integrare per ottenere un risultato che abbia un impatto positivo sulla vita delle persone. Nella progettazione di questi moduli di insegnamento abbiamo puntato a promuovere questa sensibilità, questa visione a 360° necessaria comprendere tutti gli aspetti legati alle tecnologie per la salute, e favorire il dialogo fra future figure professionali che collaboreranno in team sempre più multidisciplinari ed internazionali.
Per fare un esempio concreto, lo sviluppo di un nuovo dispositivo in grado di predire diagnosticare in modo precoce ed automatico l’insorgenza di una patologia coinvolge temi legati alla privacy, alla responsabilità giuridica, alla accettabilità da parte di pazienti ed operatori sanitari, oltre che ovviamente aspetti tecnologici. Prendere in considerazione questi aspetti, necessari per un dispositivo sicuro, efficace e conforme alla legge, fin dalle prime fasi di sviluppo consente di evitare lunghe (e costose) fasi di riprogettazione.
Dall’altro capo di questo fil rouge, la consapevolezza delle potenzialità in atto delle biotecnologie e delle tecnologie informatiche legate all’intelligenza artificiale, delle loro implicazioni etiche e del loro impatto nel breve, medio e lungo termine deve guidare i futuri legislatori, chiamati a scrivere le regole di un mondo, quello della ricerca sulle tecnologie sanitarie, ancora inesplorato.

D: Studenti di II ciclo e dottorandi sono il target di questo modulo: che background devono avere e quali competenze avranno in più al termine di questo percorso formativo, quale sarà la spendibilità del titolo e la ricaduta occupazionale?

R: Le principali attività formative di ELATe sono il Corso Generale rivolto agli studenti iscritti ai Master di

Ingegneria Biomedica e Diritto e la serie di PhD seminars.
Il Corso Generale (European Health Law and Biotechnology: EHL&B) ha per tema il processo di sviluppo, test, marketing e diffusione delle applicazioni di bioingegneria all’interno di un quadro giuridico europeo. Le terapie avanzate, i dispositivi medici innovativi, le cosiddette biobanche devono conformarsi a una complessa matrice normativa, nazionale e europea. È essenziale introdurre gli studenti alle competenze più rilevanti in questo settore con metodo interdisciplinare.
Per sviluppare un linguaggio comune e l’interazione tra partecipanti con diversi background, utilizzeremo il metodo project-based learning già applicato con successo da uno di noi nel Laboratorio di Tecnologie Biomediche. Si tratta di un metodo decisamente innovativo per gli standard dell’accademia italiana, anche nella formazione scientifica, e certamente nello studio della giurisprudenza.
Gli studenti saranno distribuiti in piccoli gruppi. Ad ogni team sarà assegnato un caso di studio, basato su problemi affrontati da esperti e professionisti nello sviluppo di applicazioni biotecnologiche, e al team sarà richiesto di trovare una soluzione il più possibile costruita nell’applicazione. L’esame finale consisterà nella presentazione di un progetto.
Le competenze riguardano il processo di progettazione, sviluppo, test, marketing e diffusione delle applicazioni di bioingegneria sanitaria all’interno di un quadro giuridico europeo. Si tratta in particolare di imparare come
(i) ridurre i rischi di responsabilità civile, garantire la conformità ai regolamenti, agli standard, ai requisiti RRI;
(ii) considerare i profili di tutela dei diritti umani e di accettabilità sociale nella fase di sviluppo dell’innovazione;
(iii) adottare strategie di gestione del rischio e di protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Questo nuovo tipo di competenze combinate migliorerà l’attitudine dei partecipanti al lavoro di squadra e alla comunicazione e darà loro un vantaggio significativo sul mercato del lavoro.
I contenuti e la metodologia del Corso saranno divulgati rendendo disponibili i materiali didattici come Risorse Open Education (OER) sul sito dell’Azione e da un manuale open access.

La serie di seminari è diretta primariamente ai giovani ricercatori dei dottorati di ricerca (diritto, bioingegneria, medicina, filosofia) e offrirà ai partecipanti una conoscenza critica e approfondita dei problemi e delle prospettive della ricerca avanzata nel campo del diritto della salute, dell’etica e delle scienze della vita presentata da giuristi, filosofi, economisti, bioingegneri, biologi e data scientists. Abbiamo immaginato Il filo conduttore della serie di seminari è la convergenza: tra natura e tecnologia; tra pazienti, società civile, comunità scientifica; tra istituzioni.
Per incentivare lo sviluppo di ricerche in questo campo i dottorandi che lo desidereranno saranno coinvolti nella preparazione dei seminari e nella scrittura di papers.

D: Nella descrizione del modulo c’è un importante riferimento al panorama africano dove l’Università degli Studi di Pisa è già inserita, sempre grazie a linee di finanziamento europee. Quanto è importante finanziare la ricerca per creare coesione e sostenere lo sviluppo? Quanto è importante soprattutto alla luce dei fatti occorsi con il Covid?

R: L’Università di Pisa è un punto di riferimento per la ricerca e la formazione biomedica in Africa, come testimoniato dalle attività di capacity building ed innovazione come il progetto UBORA, una Wikipedia per i dispositivi medici, co-sviluppata da ricercatori europei ed africani, coordinati dall’Università di Pisa, finanziati dall’Unione Europea con l’endorsement delle Nazioni Unite. Grazie a questo progetto, ad esempio, oltre 1000 ingegneri biomedici, dall’Egitto, al Kenya, al Sudafrica, progettano e sviluppano i propri dispositivi prendendo come guida la Regolamentazione Europea: questo significa nel medio-lungo periodo dispositivi migliori, prodotti localmente e di conseguenza sviluppo economico.
Grazie a questa piattaforma, alla rete di contatti che è riuscita a creare, siamo stati in grado di coordinare una scuola completamente on-line con oltre 100 partecipanti da tutto il continente africano, per sviluppare tecnologie sanitarie per fronteggiare la pandemia.

D: “European Health Law and Technology after Covid 19: lessons learning and the way forward” è una conferenza internazionale che organizzerete proprio in risposta ai fatti occorsi: in che modo l’azione e, quindi, il programma Erasmus+ possono essere una risposta concreta alle sfide attuali dell’Unione, dall’inclusione fino alla crescita di una cittadinanza attiva e consapevole e, non da ultimo, alla crisi COVID?

R: La crisi Covid ci ha costretto a ripensare i contenuti del progetto. Ma non vogliamo farlo da soli. Abbiamo immaginato un workshop internazionale, con un numero limitato di speakers e una agenda concreta. La pandemia ha esasperato problemi economici, sociali, istituzionali già esistenti. Che cosa abbiamo imparato sui sistemi di protezione della salute pubblica? quali sono le cause economiche e istituzionali della fragilità dei sistemi sanitari e in generale dei modelli di sicurezza sociale europei? quali sono le alternative europee all’attuale assetto chiuso dei sistemi sanitari e di sicurezza sociale? Nel workshop saranno coinvolti rappresentanti delle istituzioni europee, dell’industria, dell’accademia e della società civile. Si tratta di avviare un percorso di cooperazione.

D: Da ultimo una riflessione su come questo modulo abbracci la Terza missione dell’Università quindi il legame cui avete pensato con il tessuto territoriale e le risorse con cui potete pensare a un percorso di sostegno e di crescita reciproca.

R: Il principale ponte con la società e il territorio è la serie di corsi intensivi (crash courses) diretti alle PMI, ai professionisti del settore legale, e naturalmente ai ricercatori e agli spin-off dell’Università di Pisa. L’obiettivo è promuovere il trasferimento tecnologico nel settore biotecnologico sullo sfondo della regolamentazione del mercato interno e offrire così conoscenze essenziali, consulenze, opportunità di networking e di matching scienza/industria/settore pubblico. Le università possono svolgere un ruolo cruciale nel dirigere i risultati della ricerca verso il mercato. Ciò è particolarmente vero in Toscana, un territorio con una forte tradizione scientifica e imprenditoriale, preceduto solo dalla Lombardia nella tabella degli investimenti biotech in R&S. Ma questo tipo di matching industria-accademia richiede un ambiente interdisciplinare che coinvolga scienziati e ingegneri, esperti di trasferimento tecnologico, manager e giurista, che le università non offrono su basi regolari.

 

 

Anche la Scuola Sant’Anna di Pisa partecipa, come tante altre università italiane

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#ErasmusDays 2020: 15-16-17 ottobre. È importante esserci!

 

Alessia Ricci
Ufficio comunicazione
Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire